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Rubrica Vita Nostra Ottobre 1929



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VITA SEZIONALE


   Umberto di Savoia


Rinnoviamo da queste pagine all'augusta Persona di S. A. R. Umberto di Savoia l'omaggio della nostra devozione e l'espressione del nostro giubilo. Attorno a Lui, che la Provvidenza Divina ha voluto salvo dall'insidia nefanda di un attentatore che indegnamente aveva frequentato la scuola dell'alpinismo la nostra coscienza di italiani e di alpinisti, ci raccoglie in sentimento di afiettuosa solidarietà.
A Lui l'augurio nostro: Nell'ora lieta delle Sue auguste nozze con la soave Principessa Maria José del Belgio, le nostre destre, lasciata l'impugnatura della piccozza, con largo gesto pieno di alpina fierezza e di piemontese franchezza si levano salutando; e i cuori, commossi, rivolgono a Dio la preghiera per la Sua gioia e per la Sua gloria, gioia e gloria ancora della Sua Terra.
La Giovane Montagna.

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   Consiglio Direttivo


A far parte del Consiglio della Sezione sono stati chiamati dalla Presidenza i colleghi: Rosso Pio, quale segretario della Commissione Tecnica; Cornetto Giovanni, bibliotecario; Angelo Musso, corrispondente della Rivista sociale; Bertolone Vittorio, delegato movimento soci.
Commissione tecnica: In occasione dell'ultima adunanza che ebbe luogo il 16 ottobre, il segretario Pio Rosso, espose la relazione da lui compilata sull'andamento delle manifestazioni della decorsa stagione. Per la schiettezza e la minuziosa documen-tazione, la relazione dell'amico Rosso meriterebbe d'essere trascritta per intero; nel-l'impossibilità di fare ciò per tirannia di spazio ne stralciamo quelle parti che è bene giungano anche oltre la cerchia dei membri della Commissione tecnica.

Certo è deplorevole il vedere un gruppo di soci magari capitanati da persone che hanno responsabilità di cariche sociali organizzare nell'ambito degli amici una gita in altra zona nel medesimo giorno della gita sociale, solo perché ritengono troppo modesta la gita in programma e chissà per quale altro motivo. Questo deve essere assolutamente biasimato: questa sera ciascuno di voi deve proporsi di ostacolarlo e se qualche cosa intralcia l'operato vostro in questo senso, fatevi un dovere di notificarlo.
Perché, checché si dica, la scalata difficile, l'ascensione di un gruppo importante, può essere lo scopo primo ed unico di qualunque alpinista appartenente ad altre Società; ma noi che ci professiamo cattolici dobbiamo essere tali e osservare innanzi tutto il precetto domenicale: la scalata e l'ascensione dopo; il vertice nostro deve essere l'elevazione spirituale e morale: a noi dare il buon esempio ai consoci ed agli altri.
Partecipando alla gita con o senza mansioni direttive procuriamo di renderci socievoli. Questa è usanza che va giorno per giorno scomparendo .

Altro fatto che in parte può distogliervi dalle nostre gite sono le maggiori agevolazioni economiche che i gruppi aziendali (e solamente questi) dànno ai loro appartenenti. Non voglio analizzare le gite organizzate da questi gruppi. Esclusa però la parte finanziaria, in qualunque altra cosa non credo certamente siano superiori alle gite organizzate da noi. Son sicuro che qualunque aiuto occorresse lo troverete più facilmente dalla nostra Società. In ultimo, primo però per lo spirito nostro, i gruppi aziendali non dànno a voi certamente la soddisfazione di ascoltare una Santissima Messa celebrata in vetta alla Ciamarella o all'Argentera e credo che questo sia il fatto più importante.

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ATTIVITÀ SVOLTA


   Dal rustico dei Becchi al Maniero di Camino (Santità e Storia)


Questa gita è già stata ricordata nel fascicolo scorso con brevi cenni di un nostro redattore, il quale deplorava il ritardo purtroppo abituale a tutte le Sezioni con il quale le notizie sociali giungono alla Rivista spesso per colpa di chi più critica il nostro operato.
L'autorevole Amico nostro Prof. I. M. Angeloni Direttore della gita in questione ha voluto per l'importanza della manifestazione rimanesse più ampliamente lumeggiata in questa Vita Nostra che rappresenta in certo qual modo l'Archivio della Società, della quale vale a documentare la storia e con alate parole ha illustrato le finalità e l'ottimo svolgimento della gita, di carattere squisitamente cristiano e artistico. A Lui il grazie della Redazione. (N. d. R.).

La Giovane Montagna attende periodicamente ad un'opera che conferisce al vasto programma una caratteristica di fede e di cultura notevolmente educatrice. La grande escursione turistica svoltasi nella sacra e memoranda giornata della Beatificazione di Don Bosco ha lasciata nell'anima dei moltissimi intervenuti un indelebile ricordo di soavità spirituale e di gioia estetica.
Le rapide, bellissime macchine ci condussero nella chiara ed azzurra mattina fino alla Borgata dei Becchi, in pieno ambiente religioso, nei luoghi santi che videro Giovanni Bosco pastorello ed oggi con infaticata pietà rifanno ai devoti visitatori come presente Lui che visse lassù santificandosi. La dolce linea del paese, aperto e pensoso, entro confini dalle placide forme sinuose, ben richiama tutto un mondo di raccoglimenti e di estasi che in qualche modo ci riconducono alle regioni dove apparve l'azione di San Francesco. C'è già nella natura una indefinita soavità di cenobio e lassù la umilissima casa di Don Bosco, mèta di continui pellegrinaggi, sta aperta come una pagina in cui tutta si legge la semplicità delle origini e balena ancor più immensa, nel contrasto, la sconfinata azione missionaria del Beato Giovanni Bosco. Quivi, nella Chiesa dalle vetrate a riquadri azzurri, piccola e agreste, la Giovane Montagna ha raccolti i suoi fidi amici e Don Cagnavallino ha celebrato nel mattino santo la nostra Messa che fu un atto di amore devoto verso il Beato Apostolo del sorriso e della giovinezza. Così ogni anno, a corroborare l'azione educatrice, il Sodalizio nostro si raccoglie ai piedi di uno storico Altare e dopo la preghiera uomini e programmi si sentono migliori e benedetti da Dio. Lieta mattina di giovinezza e poi nembosa fuga di automobili su, su fino ai piedi del cono boschivo che è dominato dal Santuario di Crea, dove il celebre Tempio e le circostanti cappelle offrivano ore deliziose di pace e di attività fotografica per i numerosi soci. Fu quindi a Crea l'ora di mensa, gioconda e composta riunione che chiarisce i caratteri di corretta educazione e di sereno cameratismo, specifiche doti della nostra massa sociale. Ho potuto ormai più volte notare questo equilibrio educato che intona le nostre riunioni; e poiché in molti anni di vita turistica rade volte ho riscontrata questa forte dote nelle masse, mi compiaccio di constatare qui il frutto d'una perfetta educazione individuale e sociale.
Nella calma estatica del pomeriggio lasciammo il sacro Colle poiché un terzo obbiettivo escursionistico ci richiamava altrove; la via del lieto ritorno segnava un'ultima sosta: il Castello di Camino; visita molto signorilmente concessa dal coltissimo ed illustre proprietario il Conte Scarampi di Villanova, alla cui casata il castello appartiene da oltre sei secoli. Là sulla Rocca della vitifera Caminium, meravigliosa opera in cui natura ed arte consertano i loro doni, attorno all'aereo mastio restaurato, come tutte le altre membrature dell'edificio, fiorisce un parco stupendo che l'industre cesoia tonda e le innumeri famiglie di alberi e di fiori rendon lieto di quasi eterna primavera. Le fortunose vicende del Castello dal 1100 al 1600 dicono d'armi, di gualdane e di stragi e di assedi, poiché dal tempo in cui i Paleologi ebbero investito del possesso e del titolo i patrizi astigiani Scarampi, più volte il maniero s'ebbe ferro e fuoco e vide scorrer sangue dei suoi leali difensori. Un bel balcone barocco di grigia pietra, che è tra le più squisite ricchezze architettoniche del castello, accenna ai mutamenti del secolo XVIII quando la bella mole si volle mascherare alla moda del tempo.
All'errore antico dovette nel secolo XIX porre riparo il dotto Conte Fernando che appartenne al gruppo dei rinnovatori piemontesi capeggiato dal D'Andrade e dall'Avondo. Con ingente fatica e spesa si liberò dalle sovrastrutture il forte maniero che staglia ora nel cielo con la purezza delle sue belle pietre di cava, con il mastio e le merlate donde guardi ai monti della valle d'Aosta ed alla piana vercellese, giù, giù per le terre di Aleramo; stupenda vista; unica forse e comparabile solo con il Righi di Genova ed il Vomero di Napoli, se non negli aspetti almeno nell'ampiezza e nella infinita poesia. Ricco d'armi, di preziosi libri e ricordi ancor più sacri, il Castello è vera gemma del Piemonte e noi a lungo, tutti, restammo estatici di faccia alla stupenda Pala d'altare di Macrino d'Alba che adorna l'altare della raccolta Cappella e forma certo il più raro documento di bellezza del feudo degli Scarampi. L'amico Rappelli ci illustrò brevemente il Castello, ascendemmo in vetta alla torre, contemplammo a lungo lo stupendo e sconfinato paese e a malincuore riprendemmo nella sera calante la via del ritorno. Era nelle nostre anime tanta gioia e tanta luce: fede, arte, cortesia, avevano dato alla pura giornata dei Becchi, di Crea, di Camino lo stigma delle ore indimenticabili.
i. m. a.

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