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Notiziario Centrale Ottobre 1938



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VITA SEZIONALE


   ALPINI


Alta Val Formazza! Regno fantastico di cime immacolate. Paradiso dello sciatore!
Lassù trascorsi uno dei più bei periodi della mia vita alpina ed appresi la vera tecnica dello sci, concepito come mezzo di puro ardimento, come mezzo di conquista.
Il mio Battaglione, il Battaglione « Duca degli Abruzzi », aveva issato la sua bandiera a Furkulti: piccolo borgo di baraccamenti adagiato su uno sperone di monte a 1900 metri d'altitudine. Il Corno del Nefelgiu ci era protettore.
Dal giorno del nostro arrivo, Furkulti e il Battaglione furono una sola cosa.
Ogni porta fu aperta, ogni casetta ebbe il suo ospite peregrino, sognatore di lontane dolcezze, che si traducevano in armonia nelle canta di tutte le valli d'Italia, che lassù avevano i loro più baldi rappresentanti.
Appena il tempo per sistemarci negli accantonamenti ed ha inizio l'istruzione.
« Peso a valle », « corpo avanti » ; alla descrizione seguiva la dimostrazione pratica da parte dell'istruttore, sulla falsariga del quale, ogni allievo, goffamente rigido ed incerto, andava movendo i primi passi.
Spesso tutto finiva in un capitombolo ed in una imprecazione di chi tanto si affannava a farci scuola.
Tutti eravamo allo stesso livello, sebbene nell'elenco di noi figurassero nomi già noti nel campo dello sci. La ragione di questo doveva ricercarsi nel fatto che ogni virtuosismo esotico e personalistico era vietato. L'unica tecnica ammessa era quella imposta dall'istruttore, collaudata da anni di esperienza, che aveva dato i suoi frutti più belli nelle edizioni del « Trofeo Mezzalama » e nelle prove olimpioniche di Garmisch Partenkirken, nelle quali gli alpini della Scuola di Aosta imposero la loro superiorità di campioni e di meravigliosi soldati.
Ogni giorno veniva registrato un lieve progresso: maggior disinvoltura, aumentata elasticità, davano ad ogni movimento un risalto plastico sempre più perfetto.
Poche settimane bastarono pertanto per trasformare tutta quella imponente ed eterogenea massa di rozzi alpinotti, molti dei quali avèvano fino ad allora usato i pattini da neve per pure necessità ambientali delle loro vallate, in perfetti sciatori.
Non si vedevano più ginocchia tese, corpi rigidi, agitii di bastoncini, ma le più decise strappate, le più acute virate, i più veloci paralleli-cristiania. In lunghe teorie, gli alpini del Battaglione, sci uniti, elegantemente composti nei movimenti, andavano segnando ogni dorso della valle di artistici disegni.
Ma quanta fatica, quanto tormento, quanta forza di volontà per ogni passo avanti sulla via della perfezione. L'entusiasmo suppliva a tutto e la più schietta amicizia, cementata dalle fatiche fraternamente divise, dai rischi insieme corsi, rendeva bella ogni ora di vita passata lassù e dolce ogni attimo di riposo.
E con nostalgia ricordo le liete sere trascorse alla « Tampa di Riale », ritrovo preferito dai più, dove tra la piccante « bagna cauda » piemontese e qualche bicchiere di vino generoso, sorgevano dal cuore le più dolci canzoni.
Vennero le marce!
Aspre salite, precipiti discese, visioni sconfinate di un mondo di sogno, mete dai nomi alpinisticamente altisonanti: Val Toggia, Passo S. Giacomo, Lago Kastell, ghiacciaio dell'Hosand.
In dura disciplina, il Battaglione « Duca degli Abruzzi » andava così preparando i suoi uomini per la grande impresa imminente: il Raid Val Formazza - Aosta.
Giunse alfine il 24 gennaio, giorno fissato per la partenza.
Il cielo sereno era di buon auspicio.
In lunga fila ci muovemmo verso il Colle del Nefelgiu (2583), un lungo tratto di discesa. Attraversiamo il lago Vannino (2177) gelato ed eccoci alla seconda dura salita della giornata: la Scatta Minoia (2599) poi giù, giù. Un altro lago: il Codelago. Nessun indizio di vita, ma solo neve, boschi, picchi e neve. Cammina, cammina, sembrava una favola, giungemmo alfine all'Alpe Devero. Dormimmo nel fabbricato di una colonia alpina, naturalmente disabitata, sull'amica paglia.
Il giorno dopo: passo Buscagna (2310), discesa al rio Bondolero (1995) e su ancora al Colle Ciamporino (2191). Sul versante della Valle di Vedro, la neve era scomparsa e per oltre 15 Km., per giungere a Vario (560), gli sci ballonzolarono sulle nostre spalle già gravate dal peso dello zaino e dell'armamento.
Di li ci portammo a Macugnaga in Valle Anzasca (1202). Avevamo il Monte Rosa a patrono. In una mattinata luminosa di sole, salimmo sopra Pecetto verso la Morena della Capanna Zamboni, per ammirare questo colosso in tutta la sua maestosa bellezza.
Sabato 29 gennaio, S. Francesco di Sales.
Nevica! partiamo alle 8 da Macugnaga per la Val Quarazza, verso il Passo del Turlo (2630). La neve continua a cadere. Si muta anzi in tormenta. La salita è erta, faticosissima. Dobbiamo toglierci gli sci e calzare le racchette. Freddo intenso. Fame. Ciò malgrado non ci fermiamo, sarebbe pericoloso.
La neve turbina gelata, una grigia caligine ci toglie ogni visuale. Discesa pesante, interminabile.
Alagna ci accoglie con le luci già accese. Un brulè bollente ci dona il primo ristoro.
Una nuova fronda d'alloro è sbocciata al già fiorente ceppo delle glorie del bel Battaglione.
Che una massa così imponente di uomini, equipaggiati ed armati, potesse compiere la traversata del Turlo era cosa audace solo da concepire.
Questa impresa era infatti fino ad allora orgoglio di pochi, valorosi sciatori.
Ad Alagna nevicò anche tutto il giorno appresso. Fortunatamente però, quando partimmo per il Colle d'Olen (2871) era ritornato il sole ed il cielo era del più puro azzurro. La neve abbondante e fresca rendeva faticosa la marcia. Alla sera tappa a Gressoney la Trinité.
Un giorno di riposo ed eccoci nuovamente con gli sci ai piedi e lo zaino sulle spalle, in partenza. Meta S.te Jacques d'Ayas per il colle della Bettaforca (2676).
Il 3 febbraio attraverso il colle superiore delle Cime Bianche (2980) raggiungemmo il Breuil. Sua Maestà il Cervino dominava alto nel cielo.
Due giorni di sosta per metterci a punto per il nostro finale d'altezza: il Chateaux des Dames (3488).
Pur avendo la certezza assoluta di poter superare anche questo nuovo cimento sentivamo in noi qualcosa di insolito. Il pensiero correva insistente al pauroso canalone bianco che porta alla vetta del gigantesco castello di roccia e di ghiaccio.
In quali condizioni l'avremmo trovato?
Circolavano voci poco incoraggianti fra gli intenditori e fra chi si dava l'aria di intendersene. « La lunghezza della tappa eccessiva si diceva 70 Km. difficoltà insuperabili per un Battaglione. Una vera pazzia ».
Tutti questi commenti non potevano però toccare il nostro umore.
La vita trascorsa dal giorno che mettemmo per la prima volta la nappina azzurra e le fiamme verdi, ci aveva trasformati nel corpo e nello spirito, abituati al rischio, resi decisi a marciare oltre ogni difficoltà.
L'orgoglio di appartenere al Battaglione che prende nome dall'augusto eroico Principe Sabaudo, dominatore delle più eccelse altitudini del mondo, era inoltre per noi stimolo e comandamento.
Anche dal cielo si benediva alla nostra impresa: una luminosa giornata di sole.
Le pista si alzava a frequenti spire. Il panorama era di una bellezza indescrivibile. In basso il Breuil con il caratteristico formicolio domenicale; il Cervino aveva mutato il massiccio sembiante e si innalzava con l'eleganza di una guglia dolomitica, acuto, strano, nel cielo terso. Più oltre: il Rosa, il Breithorn, il Polluce, il Castore, il Lyskamm ed in fondo la Nordend chiudeva l'impareggiabile periodo nel poema dei monti.
Perchè, non rimanere sempre lì ad ammirare?
Bisognava procedere oltre, bisognava salire; le curve schiene per la salita, il petto ansimante, la fronte rigata di sudore.
L'irta cornice del Colle dello Chateaux (3324), impedendoci di passare direttamente, ci costrinse a seguire una variante di circa 200 metri di dislivello con passaggi delicatissimi superati senza sci e con l'ausilio di una lunga corda fissa.
Raggiunta la cima, sporta appena la testa al di sopra della cresta terminale, al nostro sguardo abbagliato si offerse la più maestosa delle visioni.
Era un mare di cime bianche, segnate da nomi famosi, su tutte dominava però, vero signore delle Alpi, il Monte Bianco, il nostro amico della scorsa estate.
Discendemmo per il duro ghiacciaio con l'aiuto dei ramponi; poi calzati di nuovo gli sci: giù, giù senza mai fine.
Quando sorgeva la luna, si correva ancora. Accendemmo le lampade e le lanterne. Tutta la valle fu punteggiata di chiare fiammelle.
Ecco Bionaz! una misera stalla ci accolse, una manciata di paglia fu il nostro guanciale.
(questo, avrebbe fatto inorridire e guaire, contro la brutalità della vita, molti dei figurini ambulanti che vanno gironzolando per i corsi delle nostre città, senza scopo alcuno, annoiati di tutto e di tutti, preoccupati soltanto di far bella mostra di loro.
Noi invece, alpini, abbiamo dormito il nostro sonno più dolce, abbiamo sognato il nostro sogno più bello? aspre salite, precipiti discese, oscurità di tormenta, chiarità abbaglianti di sole, cime altissime tendenti al cielo e neve, neve, neve.
Nel cielo ridevan gioconde le stelle.
P. B. Vicenza

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   INDISCREZIONI


Il 12 corrente l'adunanza della Commissione Gite ha avuto inizio con commenti poco benevoli per la gita di chiusura.
Chiusura di che? dell'Anno XVI? per ricominciare con gli sci dopo un mese.... Valeva ai tempi in cui l'inverno era una lunga sosta per gli alpinisti. Ora no.
E quale carattere particolare deve avere per chiudere? Riunire una volta all'anno i vari gusti e le varie tendenze? dove? un pranzo? Ma siamo alpinisti per spendere i nostri soldi a tavola? e sprecare le giornate di questo magnifico autunno? Fatto sta che per ora nulla si è concluso. Ed .alla gita di chiusura auguriamo buona fortuna.
Altre difficoltà sorgono per il calendario gite dell'anno XVII.
Bisognerebbe sapere quando e quanto nevica e poi esser certi che non piova d'estate proprio il giorno della gita.
Fatto sta che per dicembre, se non si trova di meglio, si tornerà a N. D. di Cotolivier. Però sarebbe desiderio uscire il più possibile dai luoghi comuni della

pur bellissima valle di Susa. Per l'anno nuovo quindi si è progettata la gita al Tumlet da Usseglio ed al Bric Costa Rossa presso la Bisalta, poi la traversata del colle della Gianna e le gare sociali.
Poi il bellissimo giro dal Sestriere al Banchetta a Traverse al Col Bourcet e Ulzio e, sempre nella stessa zona, il Cappello d'Envie.
Le gite primaverili della Testa di Furggen (Cervinia) e della Sommeiller chiuderanno la stagione.
Frattanto si alterneranno le prime gite alpinistiche. Se i Pinerolesi non ci inse-gneranno la via al monte Cucetto torneremo alle Lunelle, come torneremo ai Picchi del Pagliaio se gli Eporediesi non ci condurranno alla cima Battaglia (Quincinetto). I rocciatori proseguiranno poi a congiurare ogni venerdì per limare alla domenica pedule ed unghie sulle diverse vie dei denti di Cumiana... et similia.
Il programma dell'annata culminerà con l'ascensione della Becca di Cian (Valtournanche) a fine giugno e del Gran Paradiso a metà luglio (da Noasca).
Vi sono lacune e vi saranno modifiche, ma l'ossatura c'è.
Il resto si definirà in una prossima adunanza. Frattanto: avviso i giovani! ad ogni direttore di gita anziano, perchè svolga il lavoro organizzativo sotto la sua guida, ne sarà aggregato uno giovane delle ultime leve. Troppo comodo per questi gio-vanotti trovare sempre la pappa fatta! Ma la buona volontà non manca neppure a loro e faranno subito meraviglie.

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   23 OTTOBRE 1938-XVII


Entro ottobre si chiuderanno le iscrizioni all'O.N.D. per l'anno XVII. E' urgente quindi completare immediatamente la prenotazione delle tessere.
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   30 OTTOBRE 1938-XVII


La sezione di Pinerolo ci invita cordialmente a una gita al Talucco e dintorni. Arrampicate alla Sbarua. Comitiva ciclistica. Il programma verrà esposto in sede. Iscrizioni entro mercoledì 26 c. m.
E' la... gita di chiusura.

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   18 NOVEMBRE 1938-XVII


Avvertiamo Fin d'ora che il 18 novembre avrà luogo l'assemblea annuale generale dei soci. E' dovere di ognuno di intervenire nell'interesse comune. Sembra anche vi siano delle grosse novità.
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